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Inghilterra - Ungheria, la sconfitta che rivoluzionò il calcio inglese

  • Jacopo Ghirardon
  • 3 mar 2015
  • Tempo di lettura: 9 min

Ci sono alcune partite, nella storia di un club o di una nazionale, destinate ad entrare nella storia e nella mente dei propri tifosi. Tutti ricordano, ovviamente, le vittorie epocali, mentre le sconfitte tendono a finire nel dimenticatoio. Il detto dice che dalle sconfitte si impara e si cementifica una successiva vittoria, ed è esattamente quello che andremo a raccontare nel prossimo pezzo. L’immagine di Bobby Moore con la Coppa Rimet dopo la celeberrima finale del Mondiale del 1966 è solamente il culmine di un’avventura, quella della Nazionale Inglese, cominciata 16 anni prima, nel Mondiale del 1950, il primo a cui l’Inghilterra partecipa. In questo percorso, caratterizzato, come sempre nella storia dei 3 Leoni, da molti bassi e impennate clamorose, c’è un epsiodio fondamentale: a Wembley, nel novembre del 1953, arriva l’Ungheria: sarà la sfida che cambierà in maniera indelebile le sorti del calcio Inglese, a livello di nazionale, ma non solo.

E’ il 1946 quando la FA decide di (ri)entrare nella FIFA: ormai tre mondiali (e la seconda guerra mondiale) sono passati in archivio, e i tempi sono maturi per interrompere quell’isolamento che ormai da decenni vedeva i paesi Britannici dal resto dell’Europa, dopo che nella fine dell’800 gli stessi Britannici avevano esportato il loro gioco nel resto d’Europa (basti pensare al Genoa, fondato proprio da Britannici come Football and Cricket Club nel 1893). Fino ad allora la stragrande maggioranza delle sfide erano contro le altre Home Nations, ma comunque non erano mancate sfide in passato contro altre squadre Europee. Dal 1946 comunque la FA apre gli orizzonti, e nel cammino d’avvicinamento verso il mondiale Brasiliano ottiene delle vittorie contro l’Italia a Torino (con tutti i leggendari giocatori del Grande Toro in campo) e a Lisbona contro il Portogallo che fanno credere che la nazionale sia forte abbastanza per tornare dal mondiale Brasiliano con la Coppa Rimet. Nel 1949 si gioca il British Home Championship, torneo tradizionale tra le 4 associazioni Britanniche che per la prima volta nella storia dava 2 posti al mondiale: l’Inghilterra strapazza 4-1 il Galles e 9-1 l’Irlanda del Nord e stacca il biglietto per il Mondiale, assieme alla Scozia (che poi rinuncerà alla trasferta Brasiliana) poi battuta nella sfida decisiva per 1-0 per la vittoria del torneo. Nel mezzo però del torneo, il primo campanello d’allarme: a Goodison Park, casa dell’Everton, la Repubblica d’Irlanda si impone per 2-0: è la prima volta che l’Inghilterra perde in casa contro un avversario Non Britannico. Arriva dunque la trasferta Brasiliana, che per i 3 Leoni, che avevano tra le loro fila campioni del calibro di Tom Finney, leggenda del Preston North End recentemente scomparso, Stan Mortensen e Stanley Matthews, sarà un’autentica umiliazione, culminata con la clamorosa sconfitta per 0-1 contro i dilettanti Statunitensi, e la successiva eliminazione nella gara decisiva contro la Spagna.

La disfatta venne comunque minimizzata, alludendo alla lunga trasferta e a problemi ambientali in Brasile come la principale motivazione della figuraccia. Eppure i sentori che le cose non stavano andando nel verso giusto per la nazionale dei 3 Leoni vennero ulteriormente messi in evidenza dalla mancata vittoria nel British Home Championship nelle annate 1951 e 1952, vinti rispettivamente da Scozia e Galles. L’anno successivo però per l’Inghilterra le cose sembrano mettersi meglio, con il British Home Championship vinto e una tournee nel Sud America con due vittorie (di cui una netta rivincita contro gli USA) e una sconfitta onorevole contro i campioni del Mondo Uruguayani che fa credere agli Inglesi che quello del 1954 potrebbe essere l’anno buono per vincere il Mondiale. Nel 1952 però si è disputata, ad Helsinki, l’Olimpiade, che ha fatto conoscere al mondo una macchina perfetta: l’Ungheria di Gustzav Sebes in panchina e di Ferenc Puskas, tra gli altri, in attacco. Imbattuta dal 1950, l’Ungheria, innervata dai giocatori della Honved di Budapest, in quei giochi Olimpici vinse tutte le partite segnando 25 goal in 5 partite. La nazionale britannica (non composta da giocatori professionisti), venne invece sorprendente eliminata dal Lussemburgo in un’altra sfida che dalle parti di Londra si è dimenticata in fretta.

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E’ il novembre del 1953, e a Wembley, per i 90 anni della FA, viene organizzata la partita del secolo: gli Inventori del gioco, quelli che, a loro detta, erano ancora i numeri uno del mondo, contro coloro che stavano rivoluzionando il gioco, e che numeri uno lo erano per davvero, imbattuti da 3 anni e in vetta a quello che all’epoca possiamo chiamare ranking: semplicemente Inghilterra contro Ungheria. La nazionale magiara venne accolta dalla critica con scetticismo: all’epoca le notizie erano frammentarie, specie se provenienti dal blocco est-europeo filo sovietico, e nessuno li aveva visti veramente all’opera se non i membri della squadra Britannica che come abbiamo visto ha avuto vita piuttosto breve nel torneo olimpico disputatosi l’anno prima in Finlandia.

La nazionale Inglese poteva contare su dei campioni di fama mondiale, con il professionismo che ormai era dilagato su ampia scala: a disposizione di Walter Winterbottom, l’allenatore che guiderà la nazionale Inglese dal 1946 fino al mondiale del 1962. C’erano ovviamente tutti i migliori giocatori dell’epoca, riguardo ovviamente il contesto Inglese e Britannico: il capitano e difensore centrale, Billy Wright, ha giocato per 20 anni consecutivi al Wolverhampton, squadra tra le più in voga nell’epoca, al punto che sarà la squadra inglese del cuore di George Best, che proprio in quegli anni iniziava ad avvicinarsi al calcio. A destra Alf Ramsey, ottimo giocatore nel Tottenham e allievo di Winterbottom, di cui prenderà il ruolo come manager nel 1963 e che guiderà la nazionale Inglese alla vittoria nel mondiale tre anni dopo. In mezzo al campo Stanley Matthews, tra i 3 giocatori principali della storia del calcio inglese. Una vita tra il suo amato Stoke City e il Blackpool, altra squadra che attualmente fa strano sentire ad alti livelli e che invece negli anni ’50 era tra le più forti del panorama nazionale. N egli stessi Tangerines militava un altro grande calciatore, questa volta attaccante, Stan Mortensen, 200 goal in poco più di 300 apparizioni con la stessa squadra in maglia arancione. Il problema per gli inglesi non è tanto la qualità della squadra, quanto la disposizione tattica. Il modulo era il celeberrimo WM, il rivoluzionario schema 3-2-2-3 di Herbert Chapman, sviluppato negli anni ’20 dopo la riforma della regola del fuorigioco. Quello schema sarà alla base di tutte le grandi formazioni dell’epoca e future, ma ormai il calcio si stava sviluppando, era più veloce, e soprattutto nuove strategie di gioco stavano per irrompere su grande scala.

E fu proprio Gustzàv Sebes, l’allenatore della grande Ungheria pronta a stupire l’ultima parte del mondo che ancora doveva conoscerli, a impartire alla formazione Inglese una lezione storica. L’Aranycsapat, la squadra d’oro, ormai si era affermata a livello mondiale, ma mancavano due tasselli per dimostrare la propria superiorità: battere l’Inghilterra e vincere il Mondiale del 1954. Per farlo Sebes aveva preso a piene mani dalla Honved, la leggendaria squadra di Budapest (ad essere precisi, di Kispest, periferia sud della capitale Magiara) che già poteva disporre nelle proprie fila di giocatori del calibro di Ferenc Puskas, tra i primi 5 giocatori del calcio mondiale di ogni epoca, e Josepf Bozsik. Proprio nel 1949 la squadra passò sotto il controllo del ministero della Difesa, diventando la squadra dell’esercito del governo ormai filo sovietico che si era instaurato. Per questo l’MTK e il Ferencvaros, le due squadre maggiori del calcio nazionale, furono costrette a cedere i loro migliori calciatori, che cosi potevano utilizzare il loro club come una vera e propria palestra per il successo della nazionale: Sàndor Kocsis, Zoltàn Czibor e il portiere Gyula Grosics furono solo alcuni dei principali giocatori ad abbandonare il loro club per andare a giocare alla Honved. Sebes modificò il WM, portando il difensore centrale rinforzando il centrocampo, con i due esterni a coprire sostanzialmente tutto il campo. Fu il principio base su cui nascerà il modello di calcio totale implementato dall’Olanda degli anni ’70.

Un metodo rivoluzionario, che colpi come un tornado i 105mila spettatori che gremivano l’Empire Stadium di Wembley. Dopo neanche 30 secondi prima azione magistrale dei “Mighty Magiars” e Nàndor Hidegkuti, per altro uno dei pochissimi non militanti nella Honved, in quanto militava nella Voros Lobogo, il nome imposto dalla polizia segreta all’MTK, squadra principale della città che successivamente riprenderà il suo nome originario) scaraventa un bolide che il portiere Gil Merrick può solo guardare. L’Inghilterra soffre come mai prima, la palla è quasi sempre nei piedi dei maestri Magiari, ma quando la recuperano i tre leoni sanno come fare male: Jackie Sewell, ben servito da Stan Mortensen, pareggia il contro dopo un quarto d’ora. Ma fu questo l’unico punto di contatto tra le due squadre, perché è evidente che la nazionale Ungherese è più forte ed è messa meglio in campo: ancora Hidegkuti ridà il vantaggio ai Magiari, prima che salga in cattedra Puskas, che con un numero con la suola della scarpa, una cosa che si vede a 60 anni di distanza nei campi da calcio a 5, umilia mandando a sedere il capitano Billy Wright prima di mandare la palla all’angolino per il 3-1. Era evidente che Puskas aveva una marcia in più, e non a caso attualmente il goal dell’anno secondo la FIFA è intitolato alla sua memoria. Wembley non può far altro che tributare una standing ovation per uno dei goal più belli della storia del calcio. Ancora Puskas da il 4-1, prima che Mortensen mandi le squadre all’intervallo sul 2-4, risultato che sta ovviamente stretto alla nazionale Ungherese. La ripresa è sulla falsa riga del primo, Bozsik che segna il 5-2 e Hidegkuti che completa il suo hattrick per il 6-2 dopo un’azione con oltre 10 passaggi di prima. Gli Ungheresi di fatto si fermano, quasi non volessero impartire una lezione ancora più severa ai maestri del football, completamente umiliati tatticamente e tecnicamente sul campo. Il rigore nel finale di Ramsey serve solamente per il risultato finale, mentre negli ultimi 15 minuti gli Ungheresi si limitano a tenere palla, con gli Inglesi che neanche troppo convinti cercano di sradicarla dai piedi di questi fenomeni.

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Le cause della disfatta furono per i già citati motivi tattici, con la stampa che ormai aveva definitivamente seppellito le tattiche vecchie di 30 anni di Winterbottom, ma anche il fatto che mentre i magiari erano abituati da anni a giocare assieme, con una condizione fisica da veri atleti, gli Inglesi, massacrati dalle 46 gare di campionato più le varie coppe, solo in occasione di qualche amichevole e i British Home Championships potevano giocare assieme. Sir Bobby Robson, presente negli spalti, dirà che per la loro concezione di calcio, Puskas era un alieno, e il modo di gioco sembrava provenire da un altro pianeta. Si scherzò anche sul fatto che lo stesso Ferenc avesse un ruolo nell’esercito, e si era permesso il lusso di demolire quello avversario sul “sacro”prato di Wembley, dove l’Inghilterra non aveva mai perso. Fu anche questa la seconda sconfitta di una nazionale inglese in casa contro una nazionale non Britannica e la prima contro una nazionale del continente Europeo. Per 6 giocatori Inglesi, questa fu anche l’ultima partita, tra cui Mortensen, che aveva nettamente perso il confronto con Hidegkuti, e Alf Ramsey, che come già detto dopo essersi ritirato porterà a nuova gloria la nazionale Inglese.

L’Inghilterra riuscì comunque ad imporsi nell’Home Nations Championships e a qualificarsi per il mondiale di Svizzera 1954, ma prima di partire per Berna, i Magiari concessero la rivincita, questa volta al Nepstadion di Budapest. L’FA reputò la sconfitta di Wembley un caso isolato, confermò Winterbottom, cambiando perlopiù i giocatori, tra cui il ritorno di Tom Finney. La formazione Ungherese invece fu confermata, cosi come l’esito della partita: 3-0 all’intervallo, 7-1 il risultato finale. Tutt’ora la più grande sconfitta della storia del calcio Inglese. Una disfatta che minò ancora ulteriormente il morale e la reputazione della squadra Inglese, che al mondiale di Berna uscì ai quarti di finale contro i campioni uscenti dell’Uruguay. La grande cavalcata magiara invece terminò in finale, dopo che nei gironi la squadra aveva spazzato via la Corea del Sud per 9-0 e la Germania Ovest per 8-3, e nei quarti aveva spezzato i sogni di rivincita Brasiliani dopo la tragedia del Maracanzo. Nella Semifinale, per tutti finale anticipata, misero fine ai supplementari all’epopea Uruguayana, mentre in finale, nella rivincita della gara di girone contro la Germania, vennero clamorosamente battuti per 3-2, fermati dal pantano del Wankdorfstadion, da un arbitraggio a dir poco controverso e secondo i maligni anche da aiuti “chimici” nei tedeschi, che sembravano veramente un’altra squadra rispetto a quella vista nei gironi.

L’Ungheria dopo la clamorosa sconfitta di Berna mai riuscirà a rialzarsi, e le cose precipitarono nel 1956, quando la rivolta popolare contro il governo sovietico sfociò nel sangue e vide la fuga di tutti i più grandi giocatori della squadra, tra cui Puskas che scappò in Spagna. Alla memoria dello stesso Ferenc oggi sorge lo stadio nazionale, il vecchio Nepstadion, attualmente in ricostruzione per gli Europei itineranti del 2020.

Tornando in Inghilterra, era evidente che ormai il modello del WM e di Chapman era ormai obsoleto,e cosi tutti i grandi manager di Club da subito presero delle contromisure, perché era evidente che il nuovo metodo proposto dai magiari era quello giusto per affrontare il calcio nel dopo guerra. Matt Busby fu il primo a captare questi segnali, ottenendo dalla FA la possibilità che le squadre Inglesi potessero giocare nella neonata Coppa dei Campioni, la cui prima edizione risale al 1955. Il Manchester United fu infatti l’anno dopo la prima squadra Inglese a giocare in Coppa Campioni, e anche la prima a vincerla nel 1968; è comunque fuori discussione che senza la tragedia aerea di Monaco nel 1958 il successo Europeo sarebbe arrivato prima. Bill Nicholson, disponendo in campo il suo Tottenham secondo il metodo proposto da Sebes, portò la sua squadra a vincere il Double (campionato/coppa) per la prima volta nel XX secolo e vinse anche la Coppa delle Coppe, primo titolo Europeo per una squadra Inglese. Anche il West Ham di Ron Greenwood applicò Sebes e vinse una Coppa delle Coppe nel 1964/65, con un certo Bobby Moore che poi l’anno dopo fu capitano della squadra che vincerà il Mondiale casalingo.

Già, Bobby Moore che alza al cielo di Wembley la Coppa Rimet. Certamente è un’altra storia, che probabilmente non si sarebbe narrata se in quella giornata di Wembley 11 ragazzi venuti dall’Ungheria stupirono e ridicolizzarono, calcisticamente parlando, una nazione intera.

 
 
 

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Creato da Luca Bonomi

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